Una giornalista fra gli studenti
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Giornalista professionista; corrispondente estera per diversi giornali italiani; attualmente capo progetti di International Help, associazione Onlus torinese dedita agli interventi umanitari nei Paesi in difficoltà per ragioni politiche o umanitarie, Adriana Fara è stata per alcuni mesi ospite di Campus SANPAOLO.
Nata ad Alghero nel 1960, ha compiuto missioni nell’Europa dell’Est, in Africa e in Medio Oriente. È esperta di questioni relative ai paesi Arabi, in particolare del Golfo Persico, sul quale ha in via di pubblicazione un libro.
Come è stata la tua permanenza qui a Campus con gli studenti residenti?
Fra impegni privati e professionali sono stata poco in residence. A ciò si aggiunga che gli orari degli studenti, condizionati dalle lezioni e dallo studio, molto spesso non collimavano con i miei. Tuttavia, con quei pochi con i quali ho avuto contatti, sono stati rapporti cordiali. Ci sono molti studenti stranieri, ma anche gli italiani che ho conosciuto e ascoltato, specie sugli ascensori, parlano un invidiabile e fluente inglese. Con loro ho avuto colloqui assai interessanti.
Dal tuo punto di vista e per la tua esperienza, quali opportunità di lavoro pensi di poter indicare a studenti come quelli che abitano al Campus?
L’esperienza insegna che i giovani hanno, in questo Paese, tre chances
La prima?
Chi si occupa di aiuti internazionali vede l’esigenza e la relativa possibilità lavorativa nel campo della logistica. Noi movimentiamo merci e attrezzature su scala intercontinentale. Ciò richiede efficienza e organizzazione, per contenere i costi e perché il materiale contenuto nei containers non si deperisca. Spesso questo richiede interfacciarsi con Ministeri, con l’Esercito, la Marina e l’Aviazione; richiede la conoscenza delle leggi e delle procedure internazionali; saper gestire i contatti con le ambasciate. Oltre il livello politico c’è quello più pratico, che implica la conoscenza dei territori di destinazione, delle loro situazioni politiche. Tutto questo ha conseguenze sui tempi dei trasporti e, di conseguenza, sui costi. Occuparsi di logistica, inoltre, è un lavoro che non si fa solo a tavolino. Offre l’opportunità di girare per il mondo per seguire i containers e controllare l’effettivo successo dell’invio. Per esperienza, chi si è occupato di logistica all’estero spesso viene scelto come esperto negli aeroporti e nelle grandi compagnie nazionali ed internazionali. Non a caso, le Poste italiane ultimamente hanno assunto logisti per i loro droni.
La seconda opportunità di lavoro?
Le nuove tecnologie, in particolare quelle legate all’informatica, sono oggi una nuova ed interessante prospettiva. Offrono occasione di applicare le conoscenze teoriche al campo pratico. Ma, almeno per i progetti che ho avuto modo di conoscere negli ultimi mesi, richiedono la capacità di lavorare in team multidisciplinari e internazionali. Sono tutti progetti condotti da ragazzi giovani ed estremamente dinamici, con formazione specialistica avanzata e, contemporaneamente, competenze allargate ad altri campi disciplinari oltre i loro propri. Per esempio: un ingegnere deve conoscere l’informatica, ma anche la storia e la storia dell’arte se lavora nel campo del restauro e della conservazione dei beni artistici. Ovvio che le lingue le do per scontate.
Hai parlato di tre opportunità di lavoro.
Sono una giornalista. Sono attenta alla comunicazione. Oggi sempre di più le pagine di giornali sono scritte da esperti che non sono giornalisti ma che sanno comunicare in modo semplice e divulgativo. Per fare una pagina basta un redattore che faccia la «cucina», ma ci vogliono specialisti che trattino gli argomenti. Non sempre però specializzazione e divulgazione vanno insieme, e bisogna svilupparne la capacità. Dall’altra parte, divulgazione e semplificazione rischiano di scadere in banalizzazione. Per questo ci vogliono degli specialisti divulgatori.
Ora che lasci il Campus dove ti rechi?
Vado in missione a Beirut appena sarà possibile, ma è la pubblicazione del mio primo libro che mi assorbe in questo momento. Non conosco l’effetto che farà sulle persone, ma sono certa che per argomento e per denuncia resterà nel cuore di tante persone.
In Italia per studiare design
Cai Xin Yi è una studentessa cinese residente a Campus SANPAOLO. Frequenta il corso di Decorazione presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Il nome italiano che ha scelto è Cecilia. L’altro nome che le piaceva era Chiara: però c’era una «R» da pronunciare, cosa difficile per lei.
Ha 20 anni e proviene da Yangzhou, nella provincia di Jangsu, «una piccola città della Cina vicino a Shanghai». Per i parametri italiani è inconsueto l’aggettivo «piccola»: è una città di 4milioni e mezzo di abitanti ed è estesa poco meno di Torino e provincia.
Cecilia, quando sei arrivata in Italia?
Nel 2015. Ho studiato italiano a Macerata. Sono andata ad abitare in una famiglia, per poter parlare di più la lingua, per capire meglio la cultura e per mangiare piatti italiani. Anche perché ho visto che gli studenti che hanno abitato da soli continuano a cucinare il cibo cinese. Io per 8 mesi ho assaggiato il cibo italiano.
E cosa ne pensi della cucina italiana?
È molto buono e anche molto famoso. In Cina ho assaggiato il cibo italiano: la pizza, gli spaghetti. Ma i cinesi cucinano in modo molto diverso il cibo italiano. Per me invece è importante mangiare il cibo italiano. Primo perché è molto diverso da quello cinese e poi perché anche nel cibo di una Paese c’è la sua cultura.
Perché sei venuta a studiare arte in Italia?
Perché in Italia l’arte ha una storia. Ho studiato scultura, pittura, istallazione e fotografia. In realtà io voglio studiare design e in Italia è meglio. In Cina copiamo molto e poi modifichiamo qualcosa. Ma così non va bene.
Vuoi tornare in Cina alla fine dei tuoi studi?
Prima devo ancora studiare design a Milano e quando tornerò in Cina lavorerò nel campo. Là posso trovare più facilmente un lavoro. E poi l’Italia è molto bella, ma non è il mio Paese. Inoltre, sono figlia unica e quando i miei genitori diventeranno più vecchi voglio stare con loro. Sono molto affezionata ai miei genitori. Sono anche andata a lavorare in un ristorante cinese qui a Torino perché volevo comperare un regalo per loro. Poi ho capito che con quello che guadagnavo non ce l’avrei mai fatta. Lavoravo più di 5 ore e guadagnavo 15 euro. Ma ho voluto provare come vivono i miei compaesani che lavorano in questi locali.
Oltre il cibo cosa ti piace dell’Italia?
È molto bello il mare, perché in Cina il mare non è più blu: è grigio. Anche il cielo qui è molto azzurro e mi piace molto. Le persone sono gentili ed espansive. Noi cinesi siamo più timidi. Sono andata anche in altri paesi in Europa e sono molto più freddi. In Italia anche sul treno ho trovato maggiore disponibilità: dite sempre «posso aiutarti?».
Ti piace Torino?
È una città elegante. Più tranquilla di Milano o Roma. I milanesi sono frenetici, vogliono fare tutte le cose in fretta. A Torino siete più pacati.
Al Campus come ti trovi. Ti piace?
Sì, perché sono in camera con un’amica e non ci sono problemi. Se per caso ne abbiamo possiamo scendere e le persone che lavorano provvedono subito. Poi ci sono le persone che fanno la pulizia e tutto è molto pulito. Inoltre è una situazione molto sicura, e qui vicino ci sono una banca e un supermercato. Infine ci sono altri studenti stranieri: non solo cinesi e non solo italiani.
Daniela con noi dal 1° anno
Daniela, 27 anni, è la prima residente di Campus SANPAOLO. Viene da Palermo, «dalla bellissima Palermo», dice.
Presso l’Università degli studi della sua città di origine ha conseguito la laurea triennale in «ingegneria per l’ambiente e il territorio», quindi, dopo un’esperienza di Erasmus in Lituania per otto mesi, si è trasferita qui a Torino.
Perché sei venuta a Torino?
Per fare una nuova esperienza di studio al Politecnico. Dopo l’Erasmus in Lituania ero abituata a stare lontana da casa. Qui ho fatto la specialistica, gli ultimi due anni di università.
Da quanti anni sei qui?
A Torino dal Novembre 2013. Quindi sono tre anni. Al Campus da quando ha aperto, dal settembre 2015.
Come ti trovi a Torino?
Torino mi ha sorpreso. Non c’ero mai stata. Non avevo parenti o amici che mi potessero raccontare la loro esperienza qui. Sono partita pensando di andare in una città triste, fredda, grigia, con la nebbia e dove il sole non c’era mai. Il freddo c’è, però devo dire che la città mi piace tanto. Mi piace com’è organizzata; perché si rispetta il codice della strada; perché in centro, il sabato e la domenica, si organizza sempre qualcosa, per cui se non hai niente da fare trovi sempre qualcosa da fare. Mi piacciono i mezzi pubblici perché ci sono, sono puntuali e ti portano dappertutto. Torino mi piace perché ci sono i portici. È una città elegante.
Per te l’esperienza qui a Campus SANPAOLO com’è stata?
Diversa da quella che avevo fatto prima. Per i primi due anni sono stata in un appartamento. Nell’ultimo al Campus. Ovviamente è diverso. Vi sono alcuni lati positivi e altri meno.
Prova ad elencarli.
Di positivo c’è che non devo occuparmi di «camurrìe varie», della gestione ordinaria di un appartamento. Pagare le bollette, per esempio. Inoltre c’è un aspetto di sicurezza. Qui c’è sempre controllo, per qualsiasi cosa. E poi non sei mai sola. Se vuoi parlare con qualcuno trovi sempre qualcuno, qualche residente. Vai in cucina, vai alla reception… Di negativo c’è che ci sono delle regole da rispettare, com’è ovvio, e che anche gli altri sono tenuti a rispettare. Ci si affida alla buona educazione e alla cortesia di tutti. Di negativo, però, non mi viene in mente più nulla.
Dopo la specialistica cosa hai fatto?
È passato meno di una anno. Ho fatto colloqui vari in giro per l’Italia. Quest’estate ho dato un po’ una mano al Campus quando sono arrivati gli studenti dell’European International Academy. Nel frattempo ho trovato lavoro e ho iniziato.
Cosa fai?
Uno stage all’«Azimut yachts», ad Avigliana, un’azienda che produce yacht di lusso.
E cosa fai in questo stage?
Sono nell’area gestione sicurezza e ambiente. Mi occupo di tutto quello che riguarda l’ambiente, un po’ meno di sicurezza perché ci sono altre persone. Gestisco sia dal punto di vista amministrativo che operativo di tutte le problematiche che si possono ripercuotere sull’ambiente: tutte le norme che devono essere rispettate, tutti i controlli che cadono nell’anno secondo le leggi. Mi occupo di fare i campionamenti delle emissioni in atmosfera, dell’acqua, delle emissioni acustiche, e anche del rispetto delle regole nella compilazione del registro dei rifiuti prodotti. Infine della sicurezza degli operai: se indossano caschi, maschere, tappi per le orecchie, occhiali, scarpe, tute.
Ti immagini a Torino ancora per tanto?
Io mi immagino a Torino sì, ma volere è un’altra cosa: Mi piace stare qua, ci vorrei stare più tempo possibile perché sto bene. Ma a poco a poco mancano sempre di più gli affetti. Non è solo per me, ma penso agli altri. Forse sono più io che manco a loro, e questo mi pesa, per i miei, per i miei parenti e per gli amici. Dunque mi manca la mia città e se mi dovessero chiedere «vuoi tornare?», dico: «sì». Però tornare a girarmi i pollici, no. Perciò nel prossimo futuro mi immagino qui. Penso e spero che vada bene con questa azienda o comunque con le prossime aziende che ci saranno. Perché è più facile che io trovi lavoro qua che giù.
Da Madrid con la passione per l’Italia
Santiago Cañas Casco è uno studente della folta delegazione spagnola residente a Campus SANPAOLO nell’a.a. 2016-2017.
Ha 25 anni e viene da Madrid, dove si è già laureato in Ingegneria. Si è trasferito a Torino per conseguire la doppia laurea presso il Politecnico. Frequenta il secondo anno del corso magistrale in Ingegneria delle telecomunicazioni.
Santiago, come ti trovi a Torino?
Benissimo! Mi piace la città; mi piace la gente. Mi piacciono molto le persone che vengono dal sud Italia, forse perché ne ho conosciuti di più qui al Campus e al Politecnico. Mi ricordano gli spagnoli. Dell’Italia mi piace la lingua, sembra di cantare. La cucina; la moda. Due cose però non mi piacciono. A Torino fa freddo e come gli automobilisti guidano, che è una pazzia. Vanno troppo veloce e sono indifferenti ai pedoni.
Perché sei venuto al Campus SANPAOLO?
Ho cercato un posto vicino al Politecnico. Ho visto che c’erano anche altri posti disponibili a Torino, ma quando ho chiesto qui al Campus mi hanno risposto subito.
Ti aspettavi un posto con tanti stranieri?
Io volevo una residenza con altri studenti stranieri. Infatti ho trovato strano, all’inizio, trovare così tanti Italiani. Poi ho capito che era per l’importanza del Politecnico.
Cosa ti dà questa dimensione di internazionalità?
Tantissimo. Sono contento perché qui ci sono anche cinesi, turchi, iraniani. Ed altri che ora non ricordo. Ho parlato con ragazzi dell’Iran o dell’India, per esempio. E non avrei mai pensato di ascoltare e di imparare quello che ho imparato. È la possibilità di conoscere dal vivo culture completamente diverse.
Come ti sei trovato con la lingua?
Ho fatto un corso di due settimane, in Spagna, prima di partire. Sono qui da 5 mesi e ho ancora davanti a me un anno e mezzo. Ho imparato subito l’Italiano. E poi, ogni tanto, quando mi manca la parola, metto la «I» a qualche parola spagnola e, se mi va bene, mi faccio capire.
Finiti gli studi tornerai in Spagna?
Non voglio! Voglio fare i prossimi 12 mesi in Italia e i successivi 6 in un altro paese Europeo che non sia la Spagna o l’Italia. Mi piacerebbe la Germania.
Stai pensando a dove avrai maggiori opportunità di lavoro?
Sì, per questo penso ad altri posti.
Cosa ti piace del Campus?
La gente che ci abita, è la cosa più importante. Abbiamo sempre buone relazioni. E poi molte attività sono proposte dai ragazzi che ci stanno. Anche noi spagnoli, appena iniziata la sessione, abbiamo organizzato una cena spagnola nella cucina comune e sono venuti moltissimi residenti. Ogni settimana, poi, noi spagnoli organizziamo una partita di calcio. Andiamo nei campi del centro sportivo Robilant che è qui vicino e che ci fa gli sconti. Abbiamo anche organizzato tantissime partite contro gli studenti italiani…e abbiamo vinto sempre!
Lasciamo stare i derby calcistici. Quali altri aspetti ti piacciono?
Le biciclette messe a disposizione che sono utili e la vicinanza di un supermercato. E poi la gente dello staff. Sono tutti simpatici. In generale hanno grande attenzione. Se ho avuto bisogno di qualcosa mi hanno subito aiutato.
Hai nostalgia della Spagna?
Per il sole sì. Mancano un po’ gli amici, ma il Poli mi piace e qui mi trovo bene. L’Italia, insomma, si fa apprezzare.